JENKINS PAUL

Kansas City, 1923 - New York, 2012

Per diversi anni l’artista realizza grandi tele in cui protagonisti sono i grigi e i bianchi granulari in una ricerca per entrare in contatto con un nuovo senso della struttura.

Nel suo percorso artistico emerge l’eleganza della linea, che diviene “un sempre nel mai”. Una linea che da contorno, si slega e si crepa attraverso i secoli per ristabilire i confini dell’essere. Una linea che non vuole più marcare, delimitare o contenere, ma al contrario una linea soggetto che diviene puro colore, una protagonista che esplode a ogni gesto. Una linea che si denuda per divenire altro. Quella linea orientale che Jenkins tanto ammirava come nel caso dell’artista giapponese Hokusai. A tal proposito lo stesso affermava: “Essa aveva un significato autonomo e ha creato una sua forma significativa.” E ancora a proposito delle ébauches di Gustave Moreau: “esperienze soggettive in pittura con enfasi sulla pittura.” Se ci si vuole immergere nei mondi immaginari di Jenkins occorre dare corpo a quell’enfasi, occorre essere pronti a respirare, a pieni occhi, la pittura come puro Eros disciolto, fantasticando.

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